
Il 29 maggio, nell'ambito del Seminario tecnico tenutosi al Cerisdi, alla presenza, tra gli altri, del prof. Maurizio Carta e del prof. Giovanni Tesoriere, sono emersi interessanti aspetti sulla pianificazione strategica in uno scenario euro-mediterraneo. Alcuni quesiti, che intendo lasciare come tali, hanno solleticato la mia curiosità intellettuale perchè, a mio avviso, esprimono aspetti del sostanziale disallineamento della programmazione locale dal mondo euromediterraneo. Aspetto centrale se "programmare" esprime il prefigurare azioni future.
- Oltre ad un appeal emotivo, che ci lega all'EuroMediterraneo, come pensiamo di strutturare i rapporti con i Paesi che lo costituiscono; in definitiva, tolte le adesioni corali all'Euromediterraneo, quali benefici e in quanto tempo intendiamo raggiungerli? In parole più semplici: cosa stiamo "programmando" per diventare realmente la "testa di ponte" del Meditteraneo (con i Paesi Arabi, con il Medio oriente, ecc., non solo con il Maghreb africano e i Balcani (Vedi Progetto Paese)... Non ci sono evidenze, ad esempio, di come la Sicilia concretamente entri nel processo di pace e nel processo economico del Medio-Oriente ... o forse facciamo coincidere i rapporti bilaterali esclusivamente con l'internazionalizzazione delle imprese e le missioni economiche?
- Quali sono i corridoi commerciali, ma soprattutto come variano (se variano) nel tempo con le azioni di programmazione 2007-2013? Qual'è la
vision?
- La Sicilia non ha strutture costiere adatte all'insediamento dei porti commerciali internazionali, già a partire dalle caratteristiche dei fondali: solo Augusta, intorpidita e piegata dall'inquinamento del polo industriale, ha queste caratteristiche, ma servirebbero almeno 8 anni (!!) per bonificarla prima di adibirla a porto internazionale; perchè continuiamo a parlare di Sicilia porto del Mediterraneo?
Una soluzione dovrebbe essere implementare le variabili di riferimento comunitarie con quelle di mercato e di scenario euromediterranei. La riapertura dell'Ufficio di Cooperazione ridà speranza, in questo senso. Sebbene sarebbe auspicabile anche una legge regionale sulla cooperazione internazionale, dato che anche in questo abbiamo il primato del vuoto legislativo.
La scelta è tra "
produrre territorio o prestarlo" secondo le parole di Maurizio Carta. In definitiva, cosa proponiamo all'EuroMediterraneo che non sia una politica di "sfruttamento reciproco delle risorse".
Il punto è rintracciare i "logos economici" su cui puntare la sfida regionale moltiplicando i vantaggi competitivi delle azioni/attività, in grado di innescare processi di crescita anche occupazionale.
Anche questo è politica del lavoro: aprire allo "
sviluppo intelligente" vuol dire ridare aspettativa occupazionale tramite i
corridoi della ricerca, della specializzazione internazionale, della mobilità qualificata, dell'ingegneria industriale, in sintesi delle "idee nuove".
Francesca Spataro